Nel sonno un peptide intestinale
protegge dal risveglio
LORENZO L.
BORGIA
NOTE E NOTIZIE - Anno XX – 01 aprile
2023.
Testi
pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di
Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie
o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati
fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui
argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
Poi: dopo il pasto vien sonno… E il sonno, quello che
prendi
quando sei sazio o sei stanco, è più pesante, di
piombo…
[Lucrezio, De Rerum Natura IV,
954-957]
A settembre dello scorso anno abbiamo affrontato un
aspetto molto interessante della fisiologia del sonno: in che modo cambia l’assetto
funzionale del cervello dormiente rispetto agli stimoli percettivi e alla loro
elaborazione e, in particolare, cosa distingue la recezione di stimoli acustici
mentre si dorme dalla percezione uditiva da svegli. Così Giovanni Rossi
introduceva la questione:
“È nozione elementare che durante il sonno gli
stimoli sensoriali per poter essere rilevati coscientemente debbano avere un’intensità
tale da superare la soglia tipica degli stati REM e NREM; è noto, infatti, che
ciascuno stimolo percorre sia una via oligosinaptica di senso specifica, ovvero
visiva, acustica, tattile, sia una via multisinaptica che, attraverso la
formazione reticolare, attiva la corteccia cerebrale, in questo caso risvegliandola,
così che possa elaborare adeguatamente lo stimolo. È noto anche che percezioni
sotto-soglia durante il sonno, ossia non in grado di risvegliare la persona
addormentata, possono talvolta generare informazione all’interno delle reti
cerebrali, influenzando i contenuti dei sogni. Da oltre mezzo secolo si studia
la possibilità di influire durante il sonno sull’apprendimento semantico attraverso
la percezione acustica sotto-soglia di registrazioni verbali, per riuscire a
comprendere quale sia il rapporto tra una recezione verbo-acustica nel sonno di
parole, frasi e testi, e la reale formazione di una memoria semantica a
disposizione dell’intelligenza del soggetto.
In altri termini, si conosce la differenza intuitiva
e neurofisiologica generica tra recezione nel sonno e percezione da svegli, ma
non si conoscono differenze in termini di meccanismi e processi che consentano
di distinguere la rilevazione cerebrale del segnale sotto la soglia di veglia
dalla percezione tipica che avviene nel soggetto sveglio. È certo che solo
rarissimamente una percezione nel sonno innesca una risposta comportamentale
paragonabile a quelle che si hanno da svegli, ma non si sa se il sonno sopprima
un qualche particolare evento dell’elaborazione sensoriale – come è stato
ipotizzato – e in particolare se inibisca i processi di feedforward o
quelli di feedback nella segnalazione”[1].
Nel prosieguo Rossi recensiva uno studio condotto da
Yuval Nir e colleghi che hanno definito la discriminante
tra l’elaborazione sensoriale da svegli e nel sonno. Oggi affrontiamo la
questione della soppressione del risveglio durante il sonno per tutti quegli
stimoli che non superano la soglia critica: in che modo l’assetto fisiologico
mantiene alta la soglia degli stimoli proteggendo lo stato di vitale importanza
per il ristoro energetico e il riequilibrio sinaptico?
Sappiamo che più profondo è il sonno, più forte è la
soppressione sensoriale, ma il meccanismo molecolare non è noto. Iris Titos e colleghi della Harvard Medical
School hanno preso le mosse da un’osservazione molto stimolante ma sulle prime
di difficile interpretazione: la responsività, e dunque la potenzialità di
essere ridestati, di topi e moscerini della frutta (Drosophila melanogaster)
allo stimolo di vibrazioni meccaniche è più efficacemente soppressa quando la
loro dieta è ricca di proteine.
(Titos
I. et al., A gut-secreted peptide suppresses arousability from sleep. Cell – Epub ahead
of print doi: 10.1016/j.cell.2023.02.022,
2023).
La provenienza degli autori è la seguente: Department of Neurobiology, Harvard Medical School,
Boston, MA (USA).
Se lo si priva del sonno, un ratto morirà in tre o
quattro settimane, prima di quanto avvenga la morte se lo si priva di cibo, e
la morte per mancanza di sonno si verifica per una sorta di inefficacia
generale dei processi metabolici: il sonno è una funzione fisiologica
essenziale per tutto l’organismo.
David McCormick e Gary Westbrook sottolineano che,
anche il sonno interessa tutto l’organismo, molti neuroscienziati credono che
il sonno sia del cervello e per il cervello[2]. In
proposito, non è superfluo sottolineare che, come mangiare, bere, camminare e tante
altre funzioni, il sonno è generato dal cervello e ne beneficia tutto l’organismo,
compreso lo stesso cervello. Anche per capire i processi legati all’assunzione
di cibo da quasi un secolo si studia il cervello, a partire dai nuclei
ipotalamici mediatori di fame e sazietà, e da un tempo ancora maggiore si
studiano gli effetti dell’inedia sul sistema nervoso centrale. Qualcosa di
simile si può dire per l’attività motoria.
In termini ancora più generali il sonno può
considerarsi l’aspetto fisiologico più evidente del sottostare di tutto l’organismo
a una regolazione ritmica circadiana: i ritmi di circa 24 h, che si collocano
al centro di uno spettro ritmico più ampio che va dai cicli infradiani a quelli
circamensili e circannuali, sono necessari a tutto l’organismo, ma l’orologio biologico
principale dal quale dipendono tutti i ritmi è costituito dal nucleo
soprachiasmatico dell’ipotalamo.
Anche se
lo studio qui recensito è stato condotto su moscerini e roditori, si propongono
qui di seguito alcune nozioni introduttive sull’elettrofisiologia del sonno
umano (v. Note e Notizie 27-03-21 Fusi del sonno e consolidamento di memorie
deboli), sia perché la “scienza del sonno” si è costituita e sviluppata studiando
elettroencefalograficamente la nostra specie, sia perché si prevede la verifica
nell’uomo di questa acquisizione.
Da più di
mezzo secolo lo studio del sonno è prevalentemente basato sul rilievo
elettroencefalografico (EEGrafico) dell’attività corticale dall’esterno del cranio
di volontari addormentati.
Come è
noto, il sonno è suddiviso in 5 stadi corrispondenti a differenti e caratteristiche
fasi elettroencefalografiche. Gli stadi 1-4 corrispondono al sonno non-REM o
NREM, e lo stadio 5 è quello caratterizzato dai rapidi movimenti dei globi
oculari, ossia REM (rapid eye movement), un tempo ritenuta l’unica fase
durante la quale si sviluppano sogni. Lo stadio 1 è considerato una fase
di passaggio dalla veglia al sonno, in cui la prima ha perso la completa
vigilanza, ma il secondo ancora non si è ancora istaurato; l’EEG fa registrare
un decremento dell’attività di alta frequenza tipica del cervello dei soggetti
svegli.
Lo stadio
2 è il primo vero stadio del sonno, contraddistinto all’EEG dai fusi del
sonno, ossia onde di 7-15 Hz di frequenza per una durata di 1-2 secondi, e dai
complessi K. Le onde dei fusi e i complessi K riflettono oscillazioni lente e
sincronizzate di attività neuronica e sinaptica all’interno del talamo e della
corteccia cerebrale. Questo stadio è il risultato della generale iperpolarizzazione
dei neuroni e delle reti neuroniche che seguono la graduale inattivazione dei
meccanismi cerebrali di risveglio. Durante lo stadio 2 del sonno il tono
muscolare decresce e gli occhi lentamente ruotano dietro e avanti. La respirazione
diventa più lenta e regolare e la temperatura del corpo comincia a calare.
Lo stadio
3 è annunciato nell’EEG dalla comparsa di una significativa quota di
oscillazioni nella frequenza delle onde delta (0,5-4 Hz). Queste onde
segnalano un’ulteriore riduzione nei processi cerebrali legati al risveglio e
un’accresciuta sincronizzazione dell’attività corticale e talamica. Un predominio
di onde delta (> 50% del tempo nell’EEG) indica che la persona è nello stadio
4 del sonno, il più profondo di tutti. Durante gli stadi 3 e 4 la
respirazione continua ad essere lenta e regolare, la frequenza cardiaca rallenta,
i muscoli si rilassano e la temperatura continua lentamente e lievemente a decrescere.
Il
passaggio dalla veglia allo stadio 4 del sonno all’inizio della notte si verifica
in tempi brevi, generalmente entro i 30 minuti. Dopo circa altri 30 minuti, trascorsi
tutti nella fase 4, il dormiente risale rapidamente tutti gli stadi, ma a questo
punto non giunge al risveglio ma entra nel tipico stadio REM, una fase studiata
per decenni per i suoi sogni vividi, fantastici e talvolta profondamente suggestivi.
Questa fase, scoperta nel 1953 da Eugene Aserinsky e Nathaniel Kleitman, che
registrarono per primi EOG e EEG contemporaneamente in adulti addormentati, è così
fortemente caratterizzante che il sonno è generalmente distinto in REM e
non-REM (NREM). Le persone risvegliate durante la fase REM riportano di essere
immerse in un’esperienza onirica vivida – e talvolta lucida[3] – nell’80-95% dei casi. È interessante notare che
durante questo stadio si ha una perdita quasi completa del tono muscolare per l’inibizione
dei motoneuroni spinali da parte delle vie discendenti, mentre i motoneuroni del
tronco encefalico che controllano il movimento degli occhi non sono inibiti,
consentendo le rapide escursioni dei globi oculari tipiche dello stadio 5[4].
Il sonno è stato anche definito come
uno stato reversibile omeostaticamente regolato di ridotta responsività
comportamentale a stimoli ambientali[5].
Un’alta soglia di attivazione
in risposta alla stimolazione ambientale esterna è il criterio
principale per definire il sonno, particolarmente per specie animali diverse
dai mammiferi, quali pesci o insetti nei quali il sonno non può essere
determinato mediante criteri elaborati in base a sistemi di rilevazione
oggettiva paragonabili all’EEG. Ma, per quanto riguarda il modo in cui il sonno
influisce sulla soglia e sui processi che determinano le risposte sensoriali,
si sa ancora poco.
Da una parte, è ragionevole ipotizzare
l’attenuazione della risposta a stimoli esterni da parte delle regioni
sensoriali della corteccia cerebrale durante il sonno, date le prove a sostegno
di questo fenomeno; ma, d’altra parte, altre linee di evidenza suggeriscono l’esistenza
di considerevoli risposte corticali durante il sonno, in quanto l’elaborazione
discriminativa persiste per stimoli rilevanti da un punto di vista comportamentale
o incongruenti in termini semantici[6], così come nella riattivazione mirata di memoria per stimoli contestuali.
Inoltre, studi recenti hanno contraddetto l’ipotesi del “varco talamico” quale
livello di controllo che impedisce nel sonno la prosecuzione degli impulsi
sensoriali dal talamo alla corteccia cerebrale, come nel caso dell’anestesia
profonda.
Studi precedenti che hanno cercato
di individuare il processo responsabile della differenza tra percezione nel
sonno e percezione nella veglia mediante MEG, EEG e fMRI in volontari sono
stati gravati da varie limitazioni. Ad esempio, brevi stimolazioni durante il
sonno evocano una grande risposta stereotipa, ossia un’onda lenta spesso seguita
da un fuso del sonno, conosciuta come complesso “K”, che maschera le precise
dinamiche e condiziona l’interpretazione dei dati. Le risoluzioni spaziale e
temporale di EEG e fMRI, rispettivamente, non possono distinguere le fonti
neuroniche delle risposte selettive uditive precoci (minori di 150 ms) da
quelle tardive (200-1000 ms) di tipo non specifico, o determinare se il sonno
interessa predominantemente l’elaborazione a feedforward o a feedback[7].
Iris Titos e colleghi
hanno descritto in Drosophila una via di segnalazione attraverso cui
l’informazione relativa alle proteine ingerite è convogliata dall’intestino
al “cervello” del moscerino, contribuendo al mantenimento dello stato di sonno
non suscettibile di risposta di risveglio con stimoli ordinari. In altri
termini, la sperimentazione del team di Harvard ha dimostrato che l’informazione
proveniente da proteine intestinali contribuisce a sopprimere l’attivazione
indotta dalla percezione.
Non solo nell’insetto, ma anche in mammiferi come i
topi, la reazione nel sonno alle vibrazioni meccaniche era più efficacemente
soppressa quando la dieta era ricca di proteine.
I ricercatori hanno verificato che una concentrazione
intestinale di proteine molto elevata attivava le cellule enteroendocrine
CCHa1.
Le cellule CCHa1 inviano segnali mediante un peptide
a un piccolo gruppo di cellule nervose dopaminergiche cerebrali e, in
tal modo, ne modulano la funzione: l’attività dopaminergica regola la responsività
comportamentale degli animali alle vibrazioni.
L’osservazione sperimentale ha mostrato che la via
delle cellule CCHa1 e le molecole polipeptidiche assunte con la dieta non
influenzano la responsività a tutti gli impulsi sensoriali, suggerendo che,
durante il sonno, differenti flussi di informazione possono essere regolati mediante
meccanismi indipendenti.
L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e
invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del
sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Lorenzo L.
Borgia
BM&L-01 aprile 2023
________________________________________________________________________________
La Società Nazionale
di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience,
è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data
16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica
e culturale non-profit.
[1] Note e Notizie 24-09-22 Il processo che distingue la percezione nel sonno da
quella cosciente. Lo studio
recensito dimostra che il sonno inibisce processi di feedback.
[2] Cfr. McCormick D. A. & Westbrook G. L., Sleep and Dreaming,
in Principles of Neural Science (Kandel, Schwartz, Jessell, Siegelbaum,
Hudspeth), pp. 1156-1157, McGraw Hill Medical, 2013.
[3] Si vedano gli scritti sui sogni
lucidi di Stephen LaBerge (fondatore del “Lucidity Institute”) e le nostre discussioni al riguardo. LaBerge e i suoi collaboratori hanno sviluppato e insegnato
tecniche per rimanere lucidi durante i sogni.
[4] Note e Notizie 27-03-21 Fusi del sonno e consolidamento di
memorie deboli (v. anche
Note e Notizie 26-11-22
Il sonno REM è diviso in due fasi
dalla corteccia retrospleniale)
[5]
È una delle definizioni di
sonno proposte dal presidente Perrella fin dai nostri aggiornamenti su “Sonno e
Memoria” e “Memoria e Sonno”.
[6] In proposito, nell’articolo
recensito nella nota del 24-09-22 sono citati ben nove studi (v. Bibliografia).
[7] Note e Notizie 24-09-22 Il processo che distingue la percezione nel sonno da
quella cosciente.